Ogni anno in Italia vengono prodotti 32,5 milioni di tonnellate di rifiuti (dati 2012). Che in ventidue anni fanno 715 milioni di tonnellate, diciamo 700, o forse un po’ meno considerando che la società, col tempo, è diventata sempre più dedita al iper-consumo usa e getta.
Tralasciando il fatto che ne vengono riciclati circa 11 milioni all’anno – ma nel 1993 manco sapevano cosa fosse il riciclo – potremmo chiederci: quanti meravigliosi burattini e quante altre opere avrebbe potuto creare Bepe Pastrello in tutti questi anni?
Un sacco.
In ventidue anni possono accadere un sacco di cose. In questo periodo il tasso di obsolescenza degli oggetti che ci circondano è cresciuto vertiginosamente. Siamo passati dal Super Nintendo alla Wii lasciando tempo solo alla nostalgia (mentre la Sega fallisce nel sogno Dreamcast).
Ma probabilmente conserviamo ancora i peluches di quando eravamo bambini. Perché ci sono oggetti che non passeranno mai di moda; oggetti verso i quali nutriremo sempre una dose di affetto perché riescono a creare un legame con quello che siamo e quello che eravamo.
Tra questi ci sono sicuramente i burattini di Bepe Pastrello.
«Pastrello non se n’è andato quel 4 giugno di 22 anni fa: lui e i suoi burattini siamo noi nella vita di ogni giorno, nelle passioni e nei conflitti, negli amori e nelle sconfitte, nelle delusioni e nelle emozioni, e soprattutto nei sogni», commenta lo storico Giacinto Cecchetto.
Per altri rimangono le sensazioni di allora: l’odore intenso di sudore, vernice, legno e magia che c’era dentro il piccolo teatro del burattinaio castellano.
Anche l’Assessore alla Cultura Giancarlo Saran vuole ricordare. «Giorni fa, presso la sede del Quartiere Verdi, tra le varie iniziative, vi era la premiazione per un concorso di burattini riservato a bambini tra i 5 e i 9 anni. Decine e decine di burattini erano allineati sul tavolo che mostrava il lavoro, la fatica, l’ entusiasmo che aveva unito le brave insegnanti con i loro allievi.
Il riappropriarsi della manualità, dando libero sfogo alla fantasia. Ecco, questa è una delle grandi eredità che ci vengono lasciate da uomini come Bepe Pastrello per le generazioni che verranno, rendendo immortale il loro messaggio, il loro lavoro. Un motivo in più, quindi, per perseguire, con un costruttivo lavoro di gruppo, il recupero del molto materiale sino ad ora a noi pervenuto ed opera di un paziente lavoro di restauro, valorizzazione, promozione di conoscenza diffusa.
Secondo Donata Sartor «ci restano dei burattini per ora “addormentati” ma che possono tornare ad essere una delle risorse a disposizione dei cittadini di Castelfranco se viene riannodato il filo di ricordi, emozioni, esperienze che hanno coinvolto e appassionato molti cittadini negli anni 50, 60 e 70», mentre Elia Zardo non rinuncia a raccontarci alcuni aneddoti di quando Bepe era ancora in vita.
«Era il 1990 quando, con le classi quarte del progetto di Attività Integrative che curavo nella Scuola Elementare “Masaccio” di Castelfranco Veneto, siamo andati ad intervistare Bepe Pastrello.
Dall’intervista abbiamo ricavato tantissime informazioni che ci sono state utili per l’organizzazione e la realizzazione del nostro teatrino; l’incontro poi è stato significativo per far incontrare ai bambini un vecchio autentico che aveva tante cose da trasmettere e raccontare, che apprezzava l’attenzione e l’ascolto perché tanta era la ricchezza di ricordi nitidi e felici della sua travagliata vita.
Una cosa particolarmente sbalorditiva per i bambini era come facesse ad azionare tutta la macchina teatrale da solo, e poi l’ammirazione per come fosse riuscito a dare movimento a occhi e bocca dei suoi burattini e infine, a stupirli ancora, il fatto incredibile che guadagnasse poco… gli esempi della popolarità dei personaggi televisivi lasciavano invece immaginare guadagni straordinari per un mestiere come questo!
Tra le storie costruite per i burattini, che ogni bambino aveva realizzato, c’era anche quella ispirata alla sua vita.
L’avevamo ricavata ascoltando il racconto del Signor Pastrello che ci parlava di come scoprì, da bambino, che gli sarebbe piaciuto fare il burattinaio. Si ricordava benissimo che la prima storia che aveva rappresentato era “La storia dell’acqua miracolosa” e che gli riusciva molto facilmente cambiare la voce e fare quella del diavolo o delle streghe.
L’abbiamo intitolata Un mestier par Bepe.
Noi lo abbiamo invitato ad assistere allo spettacolo, con il dubbio che veramente potesse essere presente, dato che era molto anziano. E Bepe Pastrello, l’11 giugno 1990, era in prima fila a vedere lo spettacolo che gli abbiamo dedicato».
Ventidue anni e innumerevoli ricordi. Di quelli che non passano e che possiamo continuare a condividere per riportare in vita i meravigliosi mondi e le storie create da Bepe Pastrello.